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Tokyo 2020: occasione per parlare di sport femminile senza stereotipi

Quelle di Tokyo saranno anche le prime Olimpiadi con quasi il 49% di atlete. La giornalista Mara Cinquepalmi ci ricorda che "le parole definiscono il pensiero"

 

“Ci sono tante donne brave che però non vengono prese in considerazione perché a decidere sono dirigenti uomini. Si ha il pregiudizio che le donne sappiano meno dal punto di vista tattico e siano più mamme. In realtà è importante avere allenatrici e dirigenti donne perché il calcio femminile può contaminare il calcio maschile con le sue caratteristiche: spirito di sacrificio, correttezza, fair play. Il calcio maschile è dominato da altre logiche”. Le parole di Milena Bertolini, ct della Nazionale femminile di calcio, in un’intervista recente al Sole 24 Ore arrivano due anni dopo l’exploit delle Azzurre ai Mondiali in Francia. L’estate del 2019 è stata quella del “Rinascimento azzurro” con gli italiani che si appassionano al calcio femminile (lo dimostrano anche gli indici di ascolto). Anche il linguaggio giornalistico si misura con il femminile nel calcio, ma non mancano i dubbi e le prese di posizione. “E’ il ruolo che conta, è quello che deve passare”, sbotta una cronista Rai a proposito dell’uso femminile per i ruoli delle giocatrici impegnate ai Mondiali. E dire che in quegli stessi giorni sempre Milena Bertolini in un’intervista a La Repubblica spiega benissimo quale sia il punto: “Il cambiamento passa anche tramite immagini e modi di dire. Il rispetto è per tutti, ma più donne si vedono in certi ruoli e più si pensa che il calcio è un diritto di tutti. Sarebbe anche utile cambiare il linguaggio, io lo chiedo alle mie giocatrici: non dite marcatura a uomo, ma individuale. Le parole definiscono il pensiero”.

Da maggio 2019, quando sono state pubblicate le linee guida ‘Media, donne e sport’ curate dall’associazione GiULiA raccogliendo una sollecitazione proprio della Uisp, ad oggi sembra che sia passato un secolo. In mezzo c’è una pandemia che ancora detta tempi e modi delle nostre vite, che ci ha fatto assistere a eventi sportivi dal divano di casa e non sugli spalti di stadi e palazzetti. Oggi siamo alla vigilia delle Olimpiadi che per la prima volta si disputeranno a porte chiuse, ma quelle di Tokyo saranno anche le prime con quasi il 49% di atlete. Non è mai accaduto nella storia dei Giochi olimpici. E’ un’occasione per raccontare lo sport delle donne lasciandosi alle spalle stereotipi e modi di dire che penalizzano l’aspetto agonistico. Ancor prima di iniziare, però, si registra qualche scivolone. “L’Italia della boxe nella terra del Sol Levante sarà presente con tre donne. Si chiamano Giordana, Angela e Irma e sono le tre boxeuse che hanno salvato l’Italia del pugilato da un clamoroso quanto storico flop del movimento nazionale”. Chi sono Giordana, Angela e Irma potrebbe chiedersi un lettore o una lettrice che ha poca confidenza con le notizie del pugilato. Solo nella frase successiva di questo lancio d’agenzia scopriamo che le tre boxeuse hanno anche un cognome: “Giordana Sorrentino, Angela Carini ed Irma Testa saranno a Tokyo per affrontare nelle rispettive categorie (51, 69 e 57 chilogrammi) il torneo olimpico”. Un tipico esempio di paternalismo linguistico molto frequente quando si scrive di donne. Oppure “Tricolore, nera e arcobaleno. Tokyo 2020, sarà Paola Egonu portabandiera olimpica” titola il quotidiano online Open annunciando che la pallavolista durante la cerimonia inaugurale dei Giochi Olimpici di Tokyo sfilerà con la bandiera a cinque cerchi. Quel “nera e arcobaleno” si sofferma e stuzzica l’attenzione di chi legge, ma è stata la stessa Egonu in un’intervista recente a raccontare di essersi innamorata di una collega. Cosa aggiunge alla notizia legata ai Giochi insistere sul suo colore della pelle e sapere quali sono i suoi orientamenti sessuali? Come spesso accade siamo di fronte a una sorta di ‘strabismo giornalistico’: da un lato l’impegno di molti a uscire dagli schemi (solo pochi giorni fa, ad esempio, La Repubblica per un’intervista a Cristiana Capotondi, attrice e capo delegazione della Nazionale femminile di calcio, titola “Calci e fango, i miei 90 minuti da terzina” usando correttamente il femminile), dall’altro le photogallery acchiappa-click che continuano a strizzare l’occhio ai b-movie degli anni Settanta-Ottanta. Che lo spirito di Olimpia ci protegga! (di Mara Cinquepalmi)